29 Settembre 2015
Un’emozione d’alta quota
di David Rosadini
Volendo capire come nasce il Valtellina Superiore, è doveroso alzare lo sguardo al versante nord dell’omonima vallata ed ammirare le pareti terrazzata sulle quali sono abbarbicati i vigneti di Chiavennasca.
Che il territorio fosse vocato alla produzione di vino, se ne accorsero già storicamente i Romani che contribuirono alla creazione e allo sviluppo nella vallata dei tipici terrazzamenti, che al momento raggiungono una lunghezza complessiva impressionante di 2500 km e che sono candidate al riconoscimento di “patrimonio dell’umanità” dell’UNESCO.
La grande produzione è aliena dalla Valtellina, dove le più grandi aziende vinicole possono vantare una produzione annua confrontabile con le medie produzioni di altre zone d’Italia; dove ancora si possono trovare realtà familiari anche nelle aziende più “in vista” e dove i molti piccoli produttori, fanno effettivamente logica comune per contribuire a consorzi privati di supporto a più grandi produzioni, con una cooperazione storica legata a questo territorio “geograficamente isolato” e scevro da divisioni e lotte intestine tipiche di molte altre zone produttive italiane.
L’alta quota con i relativi sbalzi termici diurni, la tipica esposizione delle vigne a Sud, la doverosa vendemmia “tardiva”, impreziositi dallo sforzo di curare le vigne e di vendemmiare in condizioni logistiche quanto meno avverse, sono le peculiarità che rendono i vini di questa zona prodotti d’eccellenza, con grande margine di miglioramento riservato alle scelte delle molte aziende impegnate sul territorio.
Quello che è tuttora in fase di scoperta (almeno per il grande mercato) è la qualità intrinseca di questo vino, che pur nascendo dal nobile vitigno Nebbiolo, è sostanzialmente differente dai più rinomati parenti Piemontesi, contraddistinto da una più marcata acidità (controbilanciata da lunghi affinamenti in legno) e da un più delicato e caratteristico bouquet, coronati da un’elevata capacità di evolvere durante l’invecchiamento, tipica del vitigno di origine.
Principe incontrastato della vallata è lo Sforzato, gioiello enologico, nato per enfatizzare le già citate doti del nebbiolo di origine e dei vini di Valtellina, controbilanciando le durezze con il procedimento di forzatura (similare alla tecnica di produzione dell’Amarone) che dona ulteriore complessità e corpo per ottenere un vino di eccezionale qualità e con innate qualità di evoluzione durante l’invecchiamento.
Sorprendenti ed ammirevoli le scelte di alcuni produttori, tra i quali spiccano Balgera ed Ar.Pe.Pe. che per filosofia aziendale hanno deciso di presentare i loro Valtellina Superiore DOCG e gli Sforzato DOCG solo a valle di lunghi periodi di affinamento nelle cantine (anche 15 anni di invecchiamento per un’ ”ultima annata”), volti a limare le durezze tipiche dei giovani vini a base di Chiavennasca e finalizzati a garantire, sin dalla messa in commercio, prodotti nel pieno splendore delle proprie qualità organolettiche.